The magic exists, the wizards not.

God exists, but not without someone in a position to thinking it.

A hen makes more company than a dressed dog, and it poo an egg a day.

The train is wonderful as the bus, but on the short distances the bike and the feet are better than an orgasm, compared to a car.
In night it makes dark. but not for the other half of the world.

In a soccer game between philosophers the Greeks will win.

Informazioni personali

earth, milkyway
La magia esiste, i maghi no. Dio esiste, ma non senza di qualcuno in grado di pensarlo. Una gallina fa più compagnia di un cane vestito con il giubbino. E fa un uovo al giorno. Il treno è meraviglioso come il bus, ma sulle brevi distanze la bici e i piedi sono meglio di un orgasmo, paragonati all'auto. Di notte fa buio. ma non per l'altra metà del mondo. In una partita di calcio tra filosofi vincono i greci.

lunedì 10 giugno 2013

stanza 800

apro la porta, deciso, senza bussare. stanza uguale, luce azzurrina, disposizione dei mobili identica. la poltrona, un poco più inclinata della precedente, alloggia una persona di mezza età. in mano ha un volante, ancorato al tavolo; sul braciolo sta una leva, che scatta ad ogni mossa della mano: avanti, indietro, avanti avanti avanti. poi di nuovo. indietro, indietro indietro, avanti.. ad ogni scatto il klack!
é secco, la mano é accompagnata dal braccio, che si sposta per qualche istante dal volante, che veloce scatta qui e là. l'odore é molto acre e stagnante.

nell'aria una musica forte, frammentata e mischiata al sono di un grosso motore.

<hei, che ci fai qui? non é mica l'ora> dice l'uomo, senza scomporsi.

"sono qui perché mi ci ritrovo, non verrei certo in questa trappola se avessi scelta"

gli occhi si distraggono una frazione di secondo, mi guardano, l'attimo dopo sono sullo schermo, l'uomo scala tre marce, poi sterza e accelera, mi accorgo che i piedi sono appoggiati ai pedali.

<senti> mi fa. <siediti qui in parte, usa il tavolino>

mi guardo attorno. la musica, ripetitiva nella base ma molto elaborata, mi cattura. trovo il tavolino in parte al letto e mi siedo alla sua destra,

si, la porta é a portata di qualche salto.

ed é alla mia sinistra, perché la porta era quella di destra.



La musica, unita alla spettacolare grafica dell'enorme schermo, mi rapisce lo sguardo. la vettura, una subaru impreza, scorre come l'acqua in impervi sentieri di montagna. l'uomo si muove poco, a scatti, rapidamente, solo le braccia ed il polso sembrano rilassati: fluidamente girano il volante qui e là. La vettura procede spedita.

<accendimi una sigaretta e passamela, io non posso>

accendino e pacchetto sono sul tavolo, ce anche un posacenere, ma é vuoto.


in silenzio, seguo la prfezione della guida, la magia dei dettagli: ogni cosa é resa meravigliosamente. finita la sigaretta, l'uomo la sputa.

<é una endurance, non posso mollare. ancora un'oretta e ci siamo.Tu cosa ci fai qui, nel mondo dello spirito? ma la domanda che più mi preme farti é: perché proprio qui?>

"bhe, 800 era un buon numer.."

<no, no, perché sei qui, in questa città> mi interrompe secco. la sua domanda mi pare una apertura a scacchi. devo essere sincero.

"Si tratta di un sogno guidato. cerco di indagare in me immaginando la mia mente come qualcosa di concreto, in cui posso viaggiare"

<vai avanti>

"bhe, questa é la prima volta che vedo questo posto. e opi é tutto così vivido..  stavo cercando qualcosa, qualcosa che non mi lascia scegliere quel che voglio, e sono finito qui"

ci fu una pausa, una pausa feroce. la musica, martellante, era gelida.

<che sciocco. perché hai dovuto metterti in testa di scavare così, a casaccio? se vuoi trovare qualcosa allora é giusto cercarla, ma tu ti sei messo a cercare l'altra tua metà>

"e allora?"

<e allora, mio caro, non hai capito che la tua mente é spirito, ed il tuo spirito é solo il riflesso dello spirito della tua gente. tu ti sei messo in mezzo ad una tormenta. Devi sapere che il grande spirito esiste dentro ogni esistenza, e viaggia, cammina e si sposta tra esse. é un luogo, é una persona, é dio, é nulla, é distruzione, é tutto.  Il tuo compito é di ascoltarlo, non di prenderne parte, perlomeno in vita. >

... "quindi tu saresti morto?"

<io non sono. io sono una rappresentazione di una infinitesima parte dello spirito con cui tu sei venuto a contatto, io sono solo una pennellata di un dipinto. quello che devi capire é che ora che sei qui, devi trovare il modo di andartene. >

i suoi movimenti erano tesi, il suo viso, illuminato d'azzurro, era umido.

< palazzo 63, stanza 42. vai là. e vacci immediatamente o ti perderai. non sprecare tempo, immaginala e basta, e ti troverai là. >

"ma"

<ti do una mano. chiudi gli occhi. la stanza é uguale. é vuota. Il computer che troverai é pressapoco come il mio, lo troverai già acceso. appena arrivato cerca la cartella yyy4569898236.h e digita la password>

mentre immagino la stanza, é come se questa venisse a me. non sento più odore, l'uomo lascia posto ad una sedia nera, lo sgabello é a posto. poi lui spegne la musica.


improvvisamente sento mancare l'appoggio sotto di me, e cado sul pavimento. l'uomo non ce più, la musica nemmeno. sono nella 42. sarà a destra o a sinistra del corridoio?


domenica 9 giugno 2013

sogno di una notte umida di inizio estate (prima notte)

HHHHHHHhhhhhhhhhhhhhhhhhh...........ssssssssssss...............

HHHhhhhhhhHHhhhhhhhhsssssssss..s.....s.s.........ssss......


hhhh.... ??

alzo testa e spalle dalle coperte, e non vedo nulla, niente che potesse produrre un simile rumore.

mi accorgo subito che qualcosa non va: dalla finestra non si vede nulla, e l'unica luce profiene dallo spiffero della porta. mi alzo per guardare. l'aria è la solita, ce un vento fresco e umido, ma non si sentono suoni. la casa del vicino non si vede. al suo posto, un vuoto buio.


Vestito alla buona apro la porta, e mi accorgo che l'intera stanza è illuminata da un fioco color azzurro. nessun rumore. apro la grossa porta e scendo le scale. anche dalla finestra opaca in alto, nulla. Abituato a scendere senza luci per risparmiare arrivo giù veloce, aperta la porta la luce azzurra si fa più forte.

gli occhi assonnati si stringono, mentre i profili di alti palazzi neri si ergono per decine di metri sopra di me. Pareti a specchio dominano i piani alti, così da intricarsi di disegni geometrici. una grande strada, senza strisce, ne marciapiedi, incrocia ad ogni palazzo. solo una luce diffusa ed indistinta lascia intravedere grandi porte scorrevoli.



dopo aver girato un poco, entro, trovandomi in un corridoio, poco più largo della porta. ad un metro da questa, sulla destra, trovo scritto "1". poco più in là tre, cinque e così via. Contento del fatto di trovarmi in un sogno abbastanza pilotato da non potermi rivelare sorprese di grossa sorta, proseguo per il corridoio. La luce non cambia, niente alle pareti. solo porte. a destra i dispari, a sinistra i pari. "strano" penso "ma chissenefrega". Arrivato ad un angolo le camere si fermano, per poi riprendere al ricominciare del corridoio. Mi accorgo che il pavimento è inclinato, ed al tatto sembra rivestito di una gomma dura. avanti così, senza che nulla cambi. arrivato a quello che immaginavo fosse il settimo piano, decido di fermarmi davanti ad una porta.

                                                                         "765"
si, sono in una porta di destra, ma chissenefrega.

La stanza, illuminata dalla solita lucetta azzurra, si presentava come un sottoscala spazioso. sul lato del muro basso un letto, sull'altro una scrivania, un computer molto moderno adagiato nel suo centro. davanti una poltrona che pareva molto comoda, almeno per chi la stava utilizzando. Regnava il silenzio, l'uomo (o il ragazzo) che stava al computer si era tolto la cuffia dall'orecchio sinistro, e senza staccare gli occhi dallo schermo -ciao- -come mai a quest'ora?- -non ho fame-

la cuffia pendeva dal collo della felpa, ed emetteva un fruscio, interrotto ogni tanto da rumori indistinti, e dialoghi sommessi. 


-ciao- azzardo -come và?- 

...


nessuna risposta. Dovevo immaginarlo, un approccio così scontato è solo odioso..


-hem-

-sono all'interno di un mio sogno, e dato che il corridoio era molto noioso sono entrato qui. sapresti dirmi dove sono, e cosa ci fai tu in un posto così?-

di tutta risposta la mano sinistra smette di digitare tasti, e mentre la destra è molto impegnata a cliccare ed a spostarsi, questa reinfila la cuffia nell'orecchio.

-bhe, grazie-

esco, pensando che è una scocciatura quando in un sogno pilotato la gente ti tratta male.














Decido dunque di trovare una nuova porta, magari con un numero tondo, che mi piace di più. 

"800"
a sinistra. bene.













giovedì 6 giugno 2013

Il big bang é stato solo un soffio nel vento

Alcune teorie ipotizzano che la densità media dell'Universo sia equivalente ad un atomo di idrogeno per metro cubo.



immense tartarughe camminano tra i resti dell'universo. goffe, ma sapienti, scalano intricate montagne, e scavano grandi varchi, ove depongono le loro uova. sono molte, moltissime, il loro numero supera l'infinito, perché il loro habitat, é l'universo. 







Spazzavo il pavimento, e nel frattempo ricordavo un amico, Carlo, che tempo addietro mi chiese: ma tu ti sei mai chiesto da dove arriva la polvere? non serve ad un cazzo, da fastidio, e appare dal nulla. ma cos é?

oggi ho la risposta. la avevo anche allora, ma non sottoforma di parole.







La loro popolazione é varia, le loro specie e sottospecie sono tali da differenziarsi nei ruoli più disparati: tartarughe acquatiche, volanti, sotterranee.. molte hanno le chele, e la loro corazza si é divisa, con l'evoluzione, in numerose corazze, ogni una per adattarsi ad un movimento, per proteggere e far muovere una articolazione possono avere zampe adatte alla corsa, al nuoto, munite di uncini o ventose per aggrapparsi al substrato, in alcuni casi sono sprovviste di zampe non avendone esigenza.  Esse sono blu, gialle, grigie, rosse viola, argentee; ogni corazza brilla alla luce del sole, e le loro sfumature le fan sembrare di diamante.




Nell'immensità dell'universo, esse dominano, incontrastate. Ma come é possibile? cosa mangiano?




là fuori, anche se non la vedo, una luna gira attorno alla terra. ed io, anche se non lo vedo, giro attorno al sole. il mio sole, parte di miliardi di soli, gira in un piccolo mulinello nello spazio, che abbiamo battezzato via lattea. per noi é fermo, per gli scienziati ha una gran velocità. Per le nostre tartarughe, l'inizio e la fine di quel capriccio di stelle, dura l'attimo di girarsi, quando, cadendo, si ritrovano a pancia ingiù. Sono proprio buffe! quando si riprendono dallo spavento, allora iniziano a muovere le zampe in grandi cerchi, e poi a dondolare a destra e a sinistra, finché una delle loro 8 mani, non afferra una montagna, o una nuvola. allora si aggrappano, si girano, e riprendono a brucare.



Il loro cibo é molto simile a dei grossi platani. dalle immense pianure crescono veloci e rigogliosi, illuminati dal grande sole al termine dell'universo.  questi platani crescono ovunque, ed  hanno anche loro gran varietà: talvolta sono cespugli, talvolta muschi, a bordo dei fiumi diventano lunghe strisce verdi, e quando nessuno li tocca (cosa assai rara) formano in un attimo grandi foreste. 

Le immense mascelle dei nostri erbivori giganti, non si fanno problemi, ne mangiano a sazietà. Ma non sono la loro unica pietanza. dal cielo cade sempre una sottile nebbia, si adagia al solo, che diventa soffice, ed al passaggio lascia le orme. é una nebbia pesante, quasi fuligginosa. non lascia vedere il sole, il panorama é come illuminato da un ombra, ed i confini della luce sono così molli da spostarsi al vento. La nebbia si appoggia, si accumula, poi viene spazzata via dal vento, e si arriccia, si stacca in grandi nuvole e ricade che ormai é grossa come una collina. là dentro si trovano talvolta dei gustosi frutti, che le tartarughe cercano avidamente: a confronto, pensano, i platani non sono che un riempistomaco! 

Quei frutti, sono molto speciali. provengono talvolta dalle infinite pareti dell'universo, e sono fatti di stelle. Se una tartaruga ne trova un gruppetto, o uno molto succoso,corre a farsi fecondare da un maschio,ritorna al frutto e inizia a nutrirsene. Le uova  si schiudono nel corpo della madre, 48 ore dopo.Le larve, fuoriuscitene, in un paio di giorni raggiungono lo stadio adulto, sempre all'interno del corpo materno, a spese del quale si nutrono: a questo punto l'unico maschio feconda tutte le sorelle. Infine, bucato l'involucro esterno di quel che resta del corpo della madre, il maschio non vive che poco tempo, mentre le femmine, già fecondate, vanno in cerca di un altro frutto. 

Quando il vento soffia caldo,oppure nel posto giusto, capita che una manciata di granelli di nebbia inizino a girarsi attorno, ad attrarsi e scontrarsi, a volteggiare nell'ari, a rimanerne sospesi, e grazie al sole, quando le loro danze sono belle e lui decide che meritano d'essere premiate, là, nasce la vita. si creano soli e quasar, buchi neri, spirali, galassie. I pianeti han tempo di freddarsi, di riempirsi d'anime.

La danza non si sa quanto duri, come sia, o dove vada: sono così piccoli quei gruppetti di stelle e pianeti! potrebbe anch'esser che il vento decida di soffiarne via una parte, o di lasciarli cadere al suolo. talvolta capita pure che questi piccoli danzatori vi si appoggino, delicatamente, e da lì non si smuovano per molto tempo, permettendo al sistema di invecchiare.


quel che accade agli altri, si sa: quando son stanchi di danzare si lasciano andare, si disgregano, e si perdono nell'aria. allora tutti i soli ed i pianeti, i meteoriti e le lune, si disperdono in un grande vento, che porta con sé le spoglie di infiniti ballerini.

Queste si scontrano, si uniscono, si sfilacciano o si aggregano, ed infine, alcune di queste, si appoggiano, diventando fertile terreno per le infinite praterie, brulicanti di minuscole tartarughine, più piccole di uno spillo, più piccole di un granello di sabbia.

scaldate dal grande sole al termine dell'universo, queste invisibili creature mangiucchiano un sole quasi spento qui, un ramo là. Camminano goffe e coprono grandi distanze invecchiano, muoiono, i loro corpi si aggiungono alla nebbia.








martedì 4 giugno 2013

Il signor Busi.

passato dentro, vecchio, vecchiaccio. Tipo, pippotto, quello che ti fissa dal balcone, IL vecchio.

Tanti soprannomi, a reggere il peso di una storia silenziosa. I pettegolezzi su di te, signor Busi, sono lunghi e misteriosi: il figlio malato di mente in manicomio, la moglie morta, il tuo vecchio lavoro, e la tua malattia.

Condannato a ricordare frammenti della tua vita, ed a scordarli. a non essere più tu, a deformare il tuo essere, a mantenere il tuo carattere, ormai devastato dalle medicine. tu che guardi per ore dal balcone, che a quanto dice il tuo badante, non sai neppure più andare in bagno, o far la doccia. eppure cammini, passeggi qui e là, carcerato nella tua villa.

Paolo, il badante, è un uomo del senegal (se ben ricordo(non sono bravo, aimè, a capire le provenienze)) con moglie e due figli, il terzo in arrivo. Da quando è arrivato, e da quando il messicano, il vecchio badante, non ce piu, le cose vanno meglio. Niente piu urla a qualsiasi ora, niente più litigate con la tua segretaria, niente più burgman parcheggiato di fronte al cancello.

Quello scooter, paradigma del messicano, era un simbolo, un simbolo che andava e veniva, che portava dentro e fuori, che portava la moglie o il figlioletto. Grandi discussioni, pure tra lui e la badante.

Da quando ce paolo, il silenzio, regna. è strano, dopo tanto tempo.

Paolo segue anche il giardino, ora non sembra più una foresta, la "foresta del vecchio", come la chiamò i primi giorni.

Da quando ce paolo, il signor busi, dottore, ex apicoltore, passeggia per il giardino, guarda quello strano ragazzino di colore giocare nel suo cortile a basket, si affaccia alla ringhiera.


L'ho incontrato assieme a paolo, e parlando un poco, tutto ciò che diceva era "ho fame. non mi danno da mangiare"

Paolo conferma, è l'alzaimer, ha mangiato mezz'ora fa.



Ed ecco che esco di casa, il sole sta tramontando e sono a piedi nudi.

Lui è al cancello, mi guarda, e mi fa cenno.

Mi chiede se so chi ha messo il lucchetto sul cancello

< credo sia stato il suo badante >

"perchè?"

< lei sà che paolo è il so badante nò?>

mi risponde sommesso, quasi scocciato e con della vergogna, di si. gli chiedo come si comportava con lui, ma non ottengo nulla di sincero

"normale"

...

< Paolo, ha messo questo lucchetto perchè lei era uscito di casa senza avvisare, ricordo che era andato a ponte san pietro, alla banca, per chiedere chi usava la sua pensione. è stata la dipendente della banca ad avvisare. Paolo per cercarla è partito di fretta con la macchina, e ha fatto un incidente. credo si sia spaventato talmente da pensare che questa sia la soluzione >

"ma non è giusto, è mai possibile che io sia qui rinchiuso, per quanto rimbambito ho il diritto ad andare a prendere dei pani o uscire se ho voglia, non è giusto"

<io non so esattamente perchè hanno messo il lucchetto, ma dei motivi ce li avranno >

"ma non è giusto"

...

< lo so, non è giusto. ma da quando il badante è cambiato mi sembra che le cose stiano andando meglio no?>

una scrollata di spalle. i suoi occhi, il suo viso. è felice di parlare con me. Ci diciamo ancora due cose, gli dico che quando capiterà passerò, e che adesso devo andare, mi aspetta una persona.

"mi dispiace, se ti ho annoiato"

<assolutamente no, quando capiterà sarò felice di parlare ancora. buona serata!>


chiudo il cancello, saltello in casa, mentre ricordo i suoi occhi.

sabato 25 maggio 2013

ricordi futuri

quindi tu, credi che dopo la vita ci sia qualcosa?

si, ma non posso saperlo. io credo che quando non ci sarò piu vi guarderò dall'alto delle nuvole, e starò attenta che non vi accadano cose brutte.

io non ci credo al paradiso. per me quando muore una persona, finisce tutto.

Forse hai ragione, ma chi lo sa? io tra non molto lo scoprirò, ma tu hai tutta la vita da vivere, pensa a quella intanto.

ma se è vero che non esiste, allora tu dove andrai?

io ci sarò sempre SARO' SEMPRE NEI VOSTRI RICORDI, E VEGLIERO' SU DI VOI DA QUELLI. sai, se tu mi ricordi bene, è come se io esista in te.

...

i ricordi, sfumati, trattengono a fatica una conversazione antica. Mia nonna la pensava così, e pensava anche che non era un male non andare in chiesa, perchè dio è ovunque, e l'unica persona che può vederlo è la persona stessa. era un po luterana, la mia nonna. però non le importava.

ripenso al discorso delle azioni-copia.

io compio delle azioni che compiono anche i miei fratelli, come ad esempio farfugliare l'ultima frase di un discorso, o una parola. ma lo faccio piu con mia madre che con altre persone.

aspettando cena mi appoggio alla sedia con le mani, dondolandomi, come fai ancora a volte tu. ma lo faccio piu spesso quando ci sei, o ci sei nei miei pensieri.

a tavola, muovo le dita per togliere le briciole. come fai tu, Carlo.

gli occhi. spesso tu, mamma, hai gli occhi della nonna, la tua mamma. ed io a volte, quelli del nonno, il tuo papà. mi piaceva quello sguardo, un po sovrappensiero, un po melanconico.

chissà quante altre cose.



io sono io, ma l'io è solo un politico che decide a chi dar peso. se l'io vuol esser libero, dovrebbe poter agire da se. ma il se come si fa a dimenticarlo? non è forse il peso della nostra storia, e della storia familiare? ecco che si inventano le vacanze, ecco che si vanno a conoscere le piu diverse persone: con loro il nostro es è alleggerito, sente meno vincoli, perchè assieme all'es sta il poliziotto, il superio, che maggiormente in famiglia vigila e regna.

strana faccenda, ma sembra funzionare il ragionamento. ma il punto era: come liberarsi dalla morsa del "karma"??

seguendo il ragionamento della nonna, e integrandolo con il pensiero di Stainer, io sono la somma di tutte le persone ed esseri viventi che ho conosciuto sino ad ora. non sono altro che il risultato, la somma di tutti coloro che mi hanno parlato e mi parlano.


anche oggi, non sono sfuggito, dunque. anche oggi, a pranzo, il silenzio è stato sovrano. come una spada mi trafisse il discorso di mio zio, eretto alla persona piu saggia che conoscevo, che mi disse  "ci sono persone che non riescono a stare zitte. sentono il bisogno di parlare, e dicon sciocchezze.  è meglio dire solo ciò che importa"

Ma quando il silenzio incalza, i muri urlano.

lessi poi, in guida galattica per autostoppisti, una frase che diceva, piu o meno "ho una teoria: gli umani parlano per non pensare, devono parlare per soffocare il proprio pensiero, se lo ascoltassero impazzirebbero"

ed ecco il fraintendimento: ho parlato sempre meno. ho iniziato a parlare così poco da sentirmi muto. dicevo l'essenziale. poi anche i miei fratelli. le telefonate, talvolta, duravano venti secondi.

ora faccio fatica ad intrattenere una conversazione. ho difficoltà a chiacchierare di questo e quello, e di ridere non riesco. ne ho voglia, ma quando capita, ne esce un lamento, quasi la gola mi volesse soffocare piuttosto che farmi ridere. quasi le risate, aspirate, volessero correre dentro di me e non fuori.

il karma. rabbrividisco a pensare a te, padre. ti conobbi così poco e da così piccolo, che non so cosa in me ci sia di te. e se con lei io soffro ad ogni sospiro, con te sento solo un velo umido, una sensazione.

Stainer parla di "saltare qualche reincarnazione". già, perchè se una persona si libera dei fantasmi che lo governano, egli non li rifletterà sugli altri. conosco una ragazza, e con lei passo del tempo. spero solo lei sia forte, perchè non vorrei su di lei, gli spiriti di questa famiglia. certo, ci sono anche spiriti, ricordi, modi di fare che son buoni, e devo ringraziare per questo, e me li tengo stretti. devo capire però come abbandonare gli uni senza perdere gli altri.

oggi a pranzo, riflettevo. ricordavo la mia ingordigia da ragazzino, e la vedevo mentre mi ingozzavo di verdura e cous cous. poi ricordavo i silenzi delle cene. e il dolce dopo, sempre concesso.

ora ricordo i pomeriggi alla tv e merendine, ricordo un grande pianto in un angolo del tavolo, solo, innanzi al libro di matematica.

perdersi nei ricordi, facile. farsi strada nelle possibilità, impegnativo, se ci vuoi metter la testa.







venerdì 24 maggio 2013

quanto è facile

riferivo che non è vero, sono le tue parole. ora con sdegno asciughi un piatto, sistemi una pentola.

Sto aprendo le palpebre, sono appena caduto male, e steso, sento il profumo del terriccio. per fortuna, ho avuto l'accortezza di cadere in un buon luogo, cioè le mie dita.

sceso dal treno dopo l'ultimo giorno prima degli esami (zac, zac, tagli della verdura, in ogni rumore accorgo qualcosa, come un rimprovero) incontro un gruppo, e tra questi tu con fare felice, mi chiedi come va. bene, ma non posso stringerti la mano: tra i palmi tengo un passero, raccolto poco prima tra un alto muto e la strada, sbatteva sui sassi, ansimante.

ti chiamo khy, e mentre attraverso il semaforo penso che conosco una siepe molto tranquilla in cui puoi stare. da me convivono parecchi tuoi simili. è poesia, mi baci col becco, e non accenni a voler scappare, ne gridi. ti fidi.

a casa citofono e salgo, ti chiedo se mi tieni un attimo khy, mentre cerco un verme da dargli. il verme poi non lo trovo, e ti riprendo dalle sue mani, che non sanno mica il tuo nome. lui, come per non smentirsi, mi critica. dico due parole per scansarla, e me ne esco con te. Diamine. ieri, verso mezzanotte e dopo un bel bicchiere, concordavo su come è vero che, quando finalmente ti liberi di persone che si comportano con te in modo che t'offende o smorza, o ancora avvilisce, ebbene, quando te ne liberi, ecco che ti accorgi di avere in te il loro fantasma, che come monito ti fa ripetere sugli altri proprio quelle azioni.

è uscito il sole, il terrazzo è verde. appena senti il mio giardino ti inizi a divincolare.. non ancora! ti rimetto tra i palmi e mi merito una cacata sul dito. sei agitato.

arrivato alla soglia delle 4 ringhiere apro le mani. mi guardi. mi guardi e non fai nulla, come ti sembrasse scortese andartene. allora ti poso sulla ringhiera, e tu ancora nulla, stavolta in imbarazzo. ti guardo. nessun passero mi ha mai concesso una tale vicinanza. poi ti prendo di nuovo, mi faccio spazio nella siepe e apro le dita nella siepe. senza peso, fai due balzi e non ci sei già piu.

spero ti piaccia il posto.

torno in casa, voglio scrivere di te.

tu mi avvisi. "guarda che solo il frutto e il fiore sono commestibili, il resto del sabuco contiene una piccola quantità di cianuro"

intorpidito, ti chiedo se quel che mi dici significa che dovrò togliere i gambi ai fiori che abbiamo colto.

seccata, mi dici due cose, e ti giri ad asciugare i piatti.


Cosa è? il karma? anche io sarò destinato ad invecchiare presto e fragile, e ad allevar fragili dei bambini? 

vorrei tu non leggessi mai queste righe, ma se capiterà, allora sappi che non ti rimprovero nulla: se mi reputo tanto da poter fare di queste considerazioni, non lo sarei altrettanto per uscire io stesso dalla mia fragilità?  



IS SO EASY




i meant that it is not true. they are your words. now with disdain you dry a plate, you clean a pot.

I'm opening the eyelids, i'm just fallen ill, and lying down, smell the dirt. Luckily, I had the foresight to fall into a good place, that my fingers.

got off the train after the last day before the exams (zac, zac, cuts of vegetables, every noise realize something, as a rebuke) meeting a group, and among them you are happy and you ask me how it goes. well, but I can not shake your hand because between the palms i hold a sparrow, collected shortly before between a high mute and the road, banging on rocks, panting.

I'll call you khy, through the traffic lights and meanwhile I think I know a hedge very quiet where you can stay. to me several live your fellows. is poetry, kiss me with his beak, and no sign of wanting to escape, he cries silently.

home intercom and I go, I wonder if you can keep khy a moment, as I try to give him a worm that i can't find it, and I take you out of his hands,that they do not know not your name. him, as not to disprove criticizes me. I say two words to avoid it, and I go out with you. Heck. Yesterday, around midnight and after a glass of wine, I agreed on how it's true that when you finally free from some people who behave with you so that offend you or dampens, or degrades, well, when you forget, that's you realize you have in you their ghost, as a warning that makes you just repeat those actions on others.

the sun came out, the terrace is green. just feel my garden you start jumping .. not yet! get back in the palms. a shit on the finger, you're wright.

arrived at the threshold of 4 railings i open hands. look at me. look at me and do not do anything, as I seemed rude to leave. then I put you on the railing, and you still do nothing, this time in embarrassment. I look at you. no sparrow has never given me such a confidence. then you take it back, I'll open space in the hedge and without weight,you make two strides and disappear.

I hope you like the place.

I go back home, I want to write about you.

you give me warnings. "Look, just the fruit and the flower are edible, the rest of the Sabuco contains a small amount of cyanide"

numb, I ask that you tell me if that means I'll have to remove the stems of the flowers that we read.

annoyed, you tell me two things, and you turn to dry the dishes.

lunedì 20 maggio 2013

Le fila

do re mi fa sol la si do.

un'anziana in azzurro mi chiede se posso. "è un po come se qualcuno si mettesse a spazzare la strada, non credo sia vietato" l'anziana vestita d'azzurro ha occhi pallidi, e mi dice con tono grave, che l'autorizzazione dal comune è sempre necessaria.

ieri.

 le mille scimmie guardavano le venti scimmie che lanciavano un pallone contro due scimmie. una scimmia le guardava, e cercava di addentrarsi in quel momento.

stare al cancello. aprire alle giuste persone. niente mani in tasca. non appoggiarti al muro.

nessun problema, dondolo qui e là con le ginocchia, mentre guardo i bambini annoiarsi. due ragazze hanno un ombrello doppio, e penso a quanto sia ironico il fatto che questo, su tanti immensi dettagli della giornata, sia quello piu facile da ricordare.

mangio la torta di carote. buona. buona? e che cavolo significa? buona è un insulto. forse trenta pagine di un libro renderebbero onore ad una cosa così complessa come il gustare una fetta di torta.

ad ogni modo, le scimmie erano li, urlavano, si alzavano, le mani danzavano univoche, le bocche si aprivano e chiudevano, una grande entità. una, da sola, in parte a me, urlava al vetro indicazioni ed insulti, e il vetro non collaborava. non credo le importasse. Insomma, arriva la commemorazione: mille bandiere sventolano, e come le foglie diventan frattali. un grande schermo commemora, gli occhi li.

parlo con te, e non so il tuo nome. non so il nome di nessuno, e a chi l'ho chiesto l'ho dimenticato. estraneo a me stesso. tu mi dici, "il mondo è un mistero" in risposta alle mie perplessità sul grande impegno tifoso.

tre giorni fa.

un uomo e una donna, tratti molto simili, parevano la versione dell'altro sesso del compagno. lei prende il bimbo, che piange. chiacchierano. IL TRENO PER LECCO; PROVENIENTE DA BEGAMO; é IN ARRIVO AL BINARIO 2 si prega di...

lui ha il bimbo in braccio. avrà qualche mese. discutono. sono lontani, non sento. tutti, tutti guardano il treno in arrivo. lui si avvicina, lei trema, supplica ma senza dare nell'occhio. impassibile, la uccide con lo sguardo, ho paura.

un attimo di tensione, un passo mi si muove mentre il treno arriva alla loro altezza.

lei riceve il bimbo, e lo mette nella carrozzina. gli occhi, terrore.

stanno discutendo con il controllore, mentre salgo nel posto bici, al mio posto.



giorni fà.


festa di addio.

addio. ciao, si parla e si chiacchiera. l'età a volte fà. ma che colore ha? ma che sapore ha una vita malspesa?  non è molto tardi, me ne vado, mentre scorrono i silenzi del mio non saper essere, del mio sentirmi bambino.

torno a casa, le mani vanno da sole, sono solo osservatore, e mi guardo mentre rollo una canna. la storia di quell'erba è buffa: trovata in un portafoglio blu. niente documenti, una moneta straniera. è stato li un po, e quella sera decise di prendermi.

ascolto la pioggia, il profumo dell'erba. giorni dopo penserò alle mie piccole amnesie. finito un pezzo, lo finirò alla finestra, mentre guardo la pioggia.


finalmente. sconvolto il corpo, la mente lascia le redini. chiudo gli occhi e ascolto i tuoni, fascinato.






quanto mi rimprovero l'averne bisogno. farò i miei esercizi, studierò e farò pratica: sono o non sono padrone di me stesso?


ah, il treno. parte tra poco, meglio che smetta di consolarmi con le lettere.


domenica 12 maggio 2013

STUPIDITA'

tragico. sperimento su di me, ora, gli effetti della stupidità. rendersi conto tardi di cose insignificanti, può andare oltre ciò che ci si aspetta.

è ieri, e sto lavorando in giardino. sento dei pigolii provenire dalla siepe. incuriosito mi avvicino, e vedo La merla , la merla che per tutto questo inverno rubava i croccantini al gatto. mi guarda dal ramo in cui è posata, la siepe è fitta, e mi accorgo solo dopo che due teste, pigolanti e affamate si affacciano alla madre, della presenza di un nido.

li guardo, e me ne vado, per non disturbare.

poi l'impulso.

vado a casa, e prendo la macchina fotografica. solo dopo mi sono interrogato su questo gesto.

entro un poco nella siepe, scatto una foto. non basta, entro di piu.






con gran versi, i due balzano fuori dal nido, la madre scappa.
posata la macchina, vado a soccorrerli e trovo il piu piccolo nell'angolo della siepe. rimettendolo nel fondo nido lo guardo. non ha la coda, la pelle sotto la pancia fa vedere gli organi.

mentre lo posonoto che il secondo è appollaiato li vicino.

per fortuna.


ma perchè ho dovuto fotografare? perchè non mi bastava quel momento? lo conservo ora, mentre scrivo, con lucidità, con una lucidità e vividezza che nemmeno un filmato potrebbe rendere. e allora perchè?


lei non arriva, il piccolo esce, torna all'angolo. ha fame, e per lui cerco un verme, che divora.

e se lo mettessi con le galline? magari lo allevano... no no, è meglio il nido.

il fratello non ce. riposo il piccolo.


oggi, verso le due, mentre lavoravo in giardino, vedo lei, che strilla e cerca, che si posa insistentemente qui e la, imitando il pigolio dei cuccioli. ma nulla, tutto tace. lei mi guarda, ed io capisco quanto sia stato stupido, quanto sono stato goffo e maldestro nel mio pensiero, quanto la mia intelligenza non sia riuscita a cogliere. sento il suo rimprovero, e sento una grande distanza tra noi. la sentivo anche prima, guardandoli volare e cercare, guardandoli sotto la pioggia fermarsi su un ramo, in attesa di chissacosa. ma ora posso misurarla, ora posso dare un peso a quel sentimento.

è pomeriggio tardo, sento un verso e mi precipito a vedere.

è il piccolo, dietro la rete del muretto, sembra in forma, e saltella, pigolando. nessun segno della madre.
non faccio in tempo a raggiungerlo, che spicca il volo. si schianta al suolo, con un brutto rumore. lo guardo dal muretto. ansima, si gira. mi giro e faccio qualche passo, voglio andarmene. poi torno, scavalco e lo raccolgo. è già morto.

prendo la macchina fotografica, e cerco la foto.























Piu che stupidità, forse, si tratta di pochezza.

martedì 23 aprile 2013

Bioarchitettura

La bioarchitettura si propone di creare strutture ad impatto zero,che si integrino con la flora presente entrandovi in contatto.

A mozzo come a bergamo, il tema scottante è, d'estate, la calura e la mancanza di aree d'ombra: un parco o una zona pedonale sprovvista di ripari diventa infatti invivibile nelle calde giornate estive, e diventa quasi inaccessibile ad anziani e neomamme, costringendoli a casa. E se è vero che è molto difficile leggere un libro sotto la pioggia, lo è anche su di una panchina in pieno sole.

La bioarchitettura, molto utilizzata in permacoltura, è ricca di idee pronte a trasformare un problema in una risorsa. Prendiamo in esame il parco di via Cavalcanti, a Mozzo.


Possiamo notare come le panchine e la zona pedonale che attraversa il parco per arrivare alla zona giochi siano in pieno sole, mentre le acacie sulla destra regalino una corposa ombra. Ecco come a Bergamo, nel centro il triangolo, è stata trovata una soluzione semplice ma efficace.

Il lungo gazebo ospita una serie di glicini, che crescendo hanno creato una copertura fresca d'estate e aperta d'inverno, dato che il glicine è deciduo. le panchine sono posizionate sotto gli alberi, e il risultato è sorprendentemente piacevole.


giovedì 18 aprile 2013

Mozzo expo

Facciamo incontrare le generazioni, è il primo punto.

facciamo incontrare le coscienze e le conoscenze, intrecciamone le trame.

Nella zona sottostante gli orti comunali per gli anziani, si trova una lunga striscia verde inutilizzata, data la pendenza del terreno. Questa infatti male si adattava ad un pubblico di pensionati. E' tuttavia un valido luogo per la coltivazione orticola, e la sua conformazione non sarà di ostacolo per dei giovani: attraverso un lavoro di terrazzamento si andranno a creare delle ampie vasche di terra, raggiungibili tramite qualche scalino. La posizione, inoltre, non è solo soleggiata, ma è dirimpetto al passaggio pedonale, e può offrire una gradevole vista ai passanti.Questo già succede in alcuni comuni limitrofi come Almè.

L'idea offre non solo uno spazio ai giovani che vogliono avvicinarsi all'orticoltura, ma ad uno scambio intergenerazionale di idee, opinioni, saperi. E' infatti vero che se il giovane può disporre di nuove tecniche colturali, l'anziano ha molta esperienza, e può integrarle con preziosissimi consigli.

La diversità tra gli orti non consisterà solo nella conformazione, ma anche nella gestione: il gruppo di coltivatori (under 30) gestirà lo spazio secondo una logica comune, evitando la divisione a settori per favorire una migliore cooperazione.

dall'uno al 5 maggio: mozzo expo.

sabato 6 aprile 2013

oggi

anche oggi al lavoro, le scale saranno finite tra poco, e non dovrò piu scomodare l'entomofauna, che vivacissima mi manda a cagare ogni volta che alzo un sasso.

 scusatemi vermetti!

 perdono sig ragno!

mi scusi, gentile chiocciola!

mi inchino, messere porcello di terra!

ossequi, scolopendre!

mi prostro, millepiedi!

Chiedo venia, vermeverde!

Infinite scuse, regina lucertola.

chiedo scusa anche a voi, ricci ancora addormentati, per aver disturbato il vostro sono, e spero di non avervi causato nullapiù che uno o due giri nel vostro letto; e a voi, mille uccelli protestanti, che dalle fronde spoglie gracchiavate imprecazioni, anche se, lo so, ne avete approfittato eccome di tutto quello scombussolio di insetti, che, a correre qui e la per trovare riparo, son sicuro qualcuno sarà finito nei vostri becchi.

dimenticavo una doverosa scusa al popolo delle formiche, generoso e spesso vessato da mille problemi.


E, dato che le parole non bastano, sappiate che provvederò a risanare un sottobosco degno, ricco e rigoglioso, che porterà anche altri volatili corazzati, che non siano solo zanzare o mosche. Pianterò la viola borragine, il maestoso cardo, il gioioso trifoglio e la profumata camomilla; e non solo, ci saranno zucche e zucchine, ci sarà tanta cicoria, menta malva melissa rosmarini e salvie.  insomma, ripagerò il torto con un orto.







venerdì 29 marzo 2013


voglio volare, volare a pedali. immagina la polvere, immagina l'aria ed il vento. da dove vieni, piccolo batuffolo? immagina di volare, di cadere leggero. mi sento già trasportato dal vento, mi sento già dissipato nell'infinità di un attimo. immagino di volare, di saltare dopo aver passato il confine stringendomi in piccole scale, scale di legno, strette quanto l'ombelico. lisce le pareti, accarezzano le mani ed i fianchi. un attimo solo, e corre veloce il treno per le pianure di polvere. polvere bella, polvere profumata, polvere come solo un fiore può farne. quante cose non vedo, quanta luce si accumula negli angoli delle cose, e quanta ne sposto con il mio soffio. chi sono? mi domandavo tempo fa. cosa sono? mi domando ora. la polvere, intanto, ristagna nella casa, e vuol scappare. energia, gravità, forza forte e debole. tutte cose trasportate. la luce, è quindi un fiume senza letto?

mercoledì 27 marzo 2013

giardinaggio è poesia

 sassi per le scale
 rivelano fiori induriti
 e gracili colossi
 bloccati e invasi
 da erbe ben più forti dell'abitudine.
 per questo siamo qui,
raschiando il suolo  
 abbattendo alberi
 spostando massi.
 No, non è solo per voi
 o contro di loro;
 è per chi siamo
 che costruiamo scale
 e ammassiamo sfralci.
 anche rinnegandola
lo sappiamo, è nostra natura.
 questa volta, speriamo solo
di essere le vostre api.

lunedì 18 marzo 2013

neve di marzo, frutti da parco

Infine abbiamo piantato. non si poteva far altro, le piante aspettavano, nuda radice coperta di sabbia e terra. abbiamo piantato lungo il vialetto del parco, immaginando gli anni a venire. i nomi, degni di esser contati, sono: due viti fragola rossa e bianca, una william rossa, una golden orange, una annurca, una golden rush, una carmen, una special blush. viene l'acquolina no?


mi sono coriandolato per mano di bambini, che mi hanno circondato in poco tempo, ho chiacchierato con i genitori, mentre mi davano dello scansafatiche, perchè lasciavo a Cristina scavare una buca. quando tuo figlio avrà la mia età, queste piante, se tutto andrà bene, produrranno almeno 30 kg di frutta all'anno. 




Parlando con Davide, mi ha fatto ripensare ad un cartello. dovrebbe esserci, a spiegare quel che sta succedendo al parco, e quello che sarà. che piante ci sono, la loro utilità e come fare per mantenerle, mangiarne i frutti solo a maturazione. Sta diventando qualcosa di complesso, e per non farmi sfuggire dalle mani questa opportunità, devo stare accorto. in tre non riusciremo a portare avanti tutto questo, è vero. è anche il discorso che mi fa il sindaco, ed è giusto. eppure il fare è sacro. senza il fare le parole sono porte di cristallo.Intanto,  abbiamo piantato un seme su un buon terreno.  

giovedì 14 marzo 2013

in fase di realizzazione.. SABATO 16, ore 16 si pianta! via silvio pellico 11 mozzo, oppure 3485782270




















Non rubarmi tutto questo. in 35 anni nessuno ha fatto nulla, e anche ora che senza pretese sto sistemando questo spazio, nessuno mi da una mano concretamente. tu mi stai aiutando, e ti ringrazio, ma questo l'ho iniziato io, li ho strappati e tagliati con le mie mani tutti i rovi alti, e sempre io sto costruendo le scale, con i tronchi che abbiamo tagliato assieme.  la motosega, la benzina, il tempo non li ha messi nessuno di coloro che passavano a dare buoni consigli. ricordo bene la fatica di alzarmi la mattina, con il freddo ed il maldischiena, per venire qui a tagliare rovi alti un metro, e so bene perchè lo faccio: voglio regalare qualcosa ai cittadini, voglio donargli il mio lavoro con questo gesto. ti chiedo, quindi, di non politicizzare tutto questo. questo viene da me, e sta venendo da te, non permettere che altro se non i tuoi sentimenti ti guidino in ciò che fai. 


io, annuendo, mi limito ad accordare con ciò che dice. sono bloccato da felicità ed entusiasmo, dalla forza che mi trasmette e dall'amarezza delle sue parole. è chiaro che la politica lo ha deluso spesso, e che vuole e può contare su di un genere piu pragmatico di persone. le troppe parole, lo stancano, le ascolta, ma suonano vuote, delle corazze ripiene d'aria, delle colonne d'argilla pronte a sciogliersi al primo temporale. l'ho pure letto da poco, le parole come sostitutive delle azioni che non facciamo, per paura o per pigrizia, diventano il nostro baluardo, la nostra ancora. chi poco fa ha bisogno di parlare molto.


parlare e progettare con l'amministrazione mi piace, e loro sono carichi di speranze e di idee per il futuro. eppure i burocratici tempi della politica mi stavano addormentando. il progetto qui sopra, tanto pieno e carico di parole, ha bisogno di scontrarsi con la realtà, ha bisogno della sua prova del fuoco, e grazie a te, G, il sasso ha potuto sbilanciarsi, ha potuto lasciarsi scivolare sulla rugiada, dopo tanto tentennare sulla soglia della scarpata. stiamo a vedere.