The magic exists, the wizards not.

God exists, but not without someone in a position to thinking it.

A hen makes more company than a dressed dog, and it poo an egg a day.

The train is wonderful as the bus, but on the short distances the bike and the feet are better than an orgasm, compared to a car.
In night it makes dark. but not for the other half of the world.

In a soccer game between philosophers the Greeks will win.

Informazioni personali

earth, milkyway
La magia esiste, i maghi no. Dio esiste, ma non senza di qualcuno in grado di pensarlo. Una gallina fa più compagnia di un cane vestito con il giubbino. E fa un uovo al giorno. Il treno è meraviglioso come il bus, ma sulle brevi distanze la bici e i piedi sono meglio di un orgasmo, paragonati all'auto. Di notte fa buio. ma non per l'altra metà del mondo. In una partita di calcio tra filosofi vincono i greci.

sabato 25 maggio 2013

ricordi futuri

quindi tu, credi che dopo la vita ci sia qualcosa?

si, ma non posso saperlo. io credo che quando non ci sarò piu vi guarderò dall'alto delle nuvole, e starò attenta che non vi accadano cose brutte.

io non ci credo al paradiso. per me quando muore una persona, finisce tutto.

Forse hai ragione, ma chi lo sa? io tra non molto lo scoprirò, ma tu hai tutta la vita da vivere, pensa a quella intanto.

ma se è vero che non esiste, allora tu dove andrai?

io ci sarò sempre SARO' SEMPRE NEI VOSTRI RICORDI, E VEGLIERO' SU DI VOI DA QUELLI. sai, se tu mi ricordi bene, è come se io esista in te.

...

i ricordi, sfumati, trattengono a fatica una conversazione antica. Mia nonna la pensava così, e pensava anche che non era un male non andare in chiesa, perchè dio è ovunque, e l'unica persona che può vederlo è la persona stessa. era un po luterana, la mia nonna. però non le importava.

ripenso al discorso delle azioni-copia.

io compio delle azioni che compiono anche i miei fratelli, come ad esempio farfugliare l'ultima frase di un discorso, o una parola. ma lo faccio piu con mia madre che con altre persone.

aspettando cena mi appoggio alla sedia con le mani, dondolandomi, come fai ancora a volte tu. ma lo faccio piu spesso quando ci sei, o ci sei nei miei pensieri.

a tavola, muovo le dita per togliere le briciole. come fai tu, Carlo.

gli occhi. spesso tu, mamma, hai gli occhi della nonna, la tua mamma. ed io a volte, quelli del nonno, il tuo papà. mi piaceva quello sguardo, un po sovrappensiero, un po melanconico.

chissà quante altre cose.



io sono io, ma l'io è solo un politico che decide a chi dar peso. se l'io vuol esser libero, dovrebbe poter agire da se. ma il se come si fa a dimenticarlo? non è forse il peso della nostra storia, e della storia familiare? ecco che si inventano le vacanze, ecco che si vanno a conoscere le piu diverse persone: con loro il nostro es è alleggerito, sente meno vincoli, perchè assieme all'es sta il poliziotto, il superio, che maggiormente in famiglia vigila e regna.

strana faccenda, ma sembra funzionare il ragionamento. ma il punto era: come liberarsi dalla morsa del "karma"??

seguendo il ragionamento della nonna, e integrandolo con il pensiero di Stainer, io sono la somma di tutte le persone ed esseri viventi che ho conosciuto sino ad ora. non sono altro che il risultato, la somma di tutti coloro che mi hanno parlato e mi parlano.


anche oggi, non sono sfuggito, dunque. anche oggi, a pranzo, il silenzio è stato sovrano. come una spada mi trafisse il discorso di mio zio, eretto alla persona piu saggia che conoscevo, che mi disse  "ci sono persone che non riescono a stare zitte. sentono il bisogno di parlare, e dicon sciocchezze.  è meglio dire solo ciò che importa"

Ma quando il silenzio incalza, i muri urlano.

lessi poi, in guida galattica per autostoppisti, una frase che diceva, piu o meno "ho una teoria: gli umani parlano per non pensare, devono parlare per soffocare il proprio pensiero, se lo ascoltassero impazzirebbero"

ed ecco il fraintendimento: ho parlato sempre meno. ho iniziato a parlare così poco da sentirmi muto. dicevo l'essenziale. poi anche i miei fratelli. le telefonate, talvolta, duravano venti secondi.

ora faccio fatica ad intrattenere una conversazione. ho difficoltà a chiacchierare di questo e quello, e di ridere non riesco. ne ho voglia, ma quando capita, ne esce un lamento, quasi la gola mi volesse soffocare piuttosto che farmi ridere. quasi le risate, aspirate, volessero correre dentro di me e non fuori.

il karma. rabbrividisco a pensare a te, padre. ti conobbi così poco e da così piccolo, che non so cosa in me ci sia di te. e se con lei io soffro ad ogni sospiro, con te sento solo un velo umido, una sensazione.

Stainer parla di "saltare qualche reincarnazione". già, perchè se una persona si libera dei fantasmi che lo governano, egli non li rifletterà sugli altri. conosco una ragazza, e con lei passo del tempo. spero solo lei sia forte, perchè non vorrei su di lei, gli spiriti di questa famiglia. certo, ci sono anche spiriti, ricordi, modi di fare che son buoni, e devo ringraziare per questo, e me li tengo stretti. devo capire però come abbandonare gli uni senza perdere gli altri.

oggi a pranzo, riflettevo. ricordavo la mia ingordigia da ragazzino, e la vedevo mentre mi ingozzavo di verdura e cous cous. poi ricordavo i silenzi delle cene. e il dolce dopo, sempre concesso.

ora ricordo i pomeriggi alla tv e merendine, ricordo un grande pianto in un angolo del tavolo, solo, innanzi al libro di matematica.

perdersi nei ricordi, facile. farsi strada nelle possibilità, impegnativo, se ci vuoi metter la testa.







venerdì 24 maggio 2013

quanto è facile

riferivo che non è vero, sono le tue parole. ora con sdegno asciughi un piatto, sistemi una pentola.

Sto aprendo le palpebre, sono appena caduto male, e steso, sento il profumo del terriccio. per fortuna, ho avuto l'accortezza di cadere in un buon luogo, cioè le mie dita.

sceso dal treno dopo l'ultimo giorno prima degli esami (zac, zac, tagli della verdura, in ogni rumore accorgo qualcosa, come un rimprovero) incontro un gruppo, e tra questi tu con fare felice, mi chiedi come va. bene, ma non posso stringerti la mano: tra i palmi tengo un passero, raccolto poco prima tra un alto muto e la strada, sbatteva sui sassi, ansimante.

ti chiamo khy, e mentre attraverso il semaforo penso che conosco una siepe molto tranquilla in cui puoi stare. da me convivono parecchi tuoi simili. è poesia, mi baci col becco, e non accenni a voler scappare, ne gridi. ti fidi.

a casa citofono e salgo, ti chiedo se mi tieni un attimo khy, mentre cerco un verme da dargli. il verme poi non lo trovo, e ti riprendo dalle sue mani, che non sanno mica il tuo nome. lui, come per non smentirsi, mi critica. dico due parole per scansarla, e me ne esco con te. Diamine. ieri, verso mezzanotte e dopo un bel bicchiere, concordavo su come è vero che, quando finalmente ti liberi di persone che si comportano con te in modo che t'offende o smorza, o ancora avvilisce, ebbene, quando te ne liberi, ecco che ti accorgi di avere in te il loro fantasma, che come monito ti fa ripetere sugli altri proprio quelle azioni.

è uscito il sole, il terrazzo è verde. appena senti il mio giardino ti inizi a divincolare.. non ancora! ti rimetto tra i palmi e mi merito una cacata sul dito. sei agitato.

arrivato alla soglia delle 4 ringhiere apro le mani. mi guardi. mi guardi e non fai nulla, come ti sembrasse scortese andartene. allora ti poso sulla ringhiera, e tu ancora nulla, stavolta in imbarazzo. ti guardo. nessun passero mi ha mai concesso una tale vicinanza. poi ti prendo di nuovo, mi faccio spazio nella siepe e apro le dita nella siepe. senza peso, fai due balzi e non ci sei già piu.

spero ti piaccia il posto.

torno in casa, voglio scrivere di te.

tu mi avvisi. "guarda che solo il frutto e il fiore sono commestibili, il resto del sabuco contiene una piccola quantità di cianuro"

intorpidito, ti chiedo se quel che mi dici significa che dovrò togliere i gambi ai fiori che abbiamo colto.

seccata, mi dici due cose, e ti giri ad asciugare i piatti.


Cosa è? il karma? anche io sarò destinato ad invecchiare presto e fragile, e ad allevar fragili dei bambini? 

vorrei tu non leggessi mai queste righe, ma se capiterà, allora sappi che non ti rimprovero nulla: se mi reputo tanto da poter fare di queste considerazioni, non lo sarei altrettanto per uscire io stesso dalla mia fragilità?  



IS SO EASY




i meant that it is not true. they are your words. now with disdain you dry a plate, you clean a pot.

I'm opening the eyelids, i'm just fallen ill, and lying down, smell the dirt. Luckily, I had the foresight to fall into a good place, that my fingers.

got off the train after the last day before the exams (zac, zac, cuts of vegetables, every noise realize something, as a rebuke) meeting a group, and among them you are happy and you ask me how it goes. well, but I can not shake your hand because between the palms i hold a sparrow, collected shortly before between a high mute and the road, banging on rocks, panting.

I'll call you khy, through the traffic lights and meanwhile I think I know a hedge very quiet where you can stay. to me several live your fellows. is poetry, kiss me with his beak, and no sign of wanting to escape, he cries silently.

home intercom and I go, I wonder if you can keep khy a moment, as I try to give him a worm that i can't find it, and I take you out of his hands,that they do not know not your name. him, as not to disprove criticizes me. I say two words to avoid it, and I go out with you. Heck. Yesterday, around midnight and after a glass of wine, I agreed on how it's true that when you finally free from some people who behave with you so that offend you or dampens, or degrades, well, when you forget, that's you realize you have in you their ghost, as a warning that makes you just repeat those actions on others.

the sun came out, the terrace is green. just feel my garden you start jumping .. not yet! get back in the palms. a shit on the finger, you're wright.

arrived at the threshold of 4 railings i open hands. look at me. look at me and do not do anything, as I seemed rude to leave. then I put you on the railing, and you still do nothing, this time in embarrassment. I look at you. no sparrow has never given me such a confidence. then you take it back, I'll open space in the hedge and without weight,you make two strides and disappear.

I hope you like the place.

I go back home, I want to write about you.

you give me warnings. "Look, just the fruit and the flower are edible, the rest of the Sabuco contains a small amount of cyanide"

numb, I ask that you tell me if that means I'll have to remove the stems of the flowers that we read.

annoyed, you tell me two things, and you turn to dry the dishes.

lunedì 20 maggio 2013

Le fila

do re mi fa sol la si do.

un'anziana in azzurro mi chiede se posso. "è un po come se qualcuno si mettesse a spazzare la strada, non credo sia vietato" l'anziana vestita d'azzurro ha occhi pallidi, e mi dice con tono grave, che l'autorizzazione dal comune è sempre necessaria.

ieri.

 le mille scimmie guardavano le venti scimmie che lanciavano un pallone contro due scimmie. una scimmia le guardava, e cercava di addentrarsi in quel momento.

stare al cancello. aprire alle giuste persone. niente mani in tasca. non appoggiarti al muro.

nessun problema, dondolo qui e là con le ginocchia, mentre guardo i bambini annoiarsi. due ragazze hanno un ombrello doppio, e penso a quanto sia ironico il fatto che questo, su tanti immensi dettagli della giornata, sia quello piu facile da ricordare.

mangio la torta di carote. buona. buona? e che cavolo significa? buona è un insulto. forse trenta pagine di un libro renderebbero onore ad una cosa così complessa come il gustare una fetta di torta.

ad ogni modo, le scimmie erano li, urlavano, si alzavano, le mani danzavano univoche, le bocche si aprivano e chiudevano, una grande entità. una, da sola, in parte a me, urlava al vetro indicazioni ed insulti, e il vetro non collaborava. non credo le importasse. Insomma, arriva la commemorazione: mille bandiere sventolano, e come le foglie diventan frattali. un grande schermo commemora, gli occhi li.

parlo con te, e non so il tuo nome. non so il nome di nessuno, e a chi l'ho chiesto l'ho dimenticato. estraneo a me stesso. tu mi dici, "il mondo è un mistero" in risposta alle mie perplessità sul grande impegno tifoso.

tre giorni fa.

un uomo e una donna, tratti molto simili, parevano la versione dell'altro sesso del compagno. lei prende il bimbo, che piange. chiacchierano. IL TRENO PER LECCO; PROVENIENTE DA BEGAMO; é IN ARRIVO AL BINARIO 2 si prega di...

lui ha il bimbo in braccio. avrà qualche mese. discutono. sono lontani, non sento. tutti, tutti guardano il treno in arrivo. lui si avvicina, lei trema, supplica ma senza dare nell'occhio. impassibile, la uccide con lo sguardo, ho paura.

un attimo di tensione, un passo mi si muove mentre il treno arriva alla loro altezza.

lei riceve il bimbo, e lo mette nella carrozzina. gli occhi, terrore.

stanno discutendo con il controllore, mentre salgo nel posto bici, al mio posto.



giorni fà.


festa di addio.

addio. ciao, si parla e si chiacchiera. l'età a volte fà. ma che colore ha? ma che sapore ha una vita malspesa?  non è molto tardi, me ne vado, mentre scorrono i silenzi del mio non saper essere, del mio sentirmi bambino.

torno a casa, le mani vanno da sole, sono solo osservatore, e mi guardo mentre rollo una canna. la storia di quell'erba è buffa: trovata in un portafoglio blu. niente documenti, una moneta straniera. è stato li un po, e quella sera decise di prendermi.

ascolto la pioggia, il profumo dell'erba. giorni dopo penserò alle mie piccole amnesie. finito un pezzo, lo finirò alla finestra, mentre guardo la pioggia.


finalmente. sconvolto il corpo, la mente lascia le redini. chiudo gli occhi e ascolto i tuoni, fascinato.






quanto mi rimprovero l'averne bisogno. farò i miei esercizi, studierò e farò pratica: sono o non sono padrone di me stesso?


ah, il treno. parte tra poco, meglio che smetta di consolarmi con le lettere.


domenica 12 maggio 2013

STUPIDITA'

tragico. sperimento su di me, ora, gli effetti della stupidità. rendersi conto tardi di cose insignificanti, può andare oltre ciò che ci si aspetta.

è ieri, e sto lavorando in giardino. sento dei pigolii provenire dalla siepe. incuriosito mi avvicino, e vedo La merla , la merla che per tutto questo inverno rubava i croccantini al gatto. mi guarda dal ramo in cui è posata, la siepe è fitta, e mi accorgo solo dopo che due teste, pigolanti e affamate si affacciano alla madre, della presenza di un nido.

li guardo, e me ne vado, per non disturbare.

poi l'impulso.

vado a casa, e prendo la macchina fotografica. solo dopo mi sono interrogato su questo gesto.

entro un poco nella siepe, scatto una foto. non basta, entro di piu.






con gran versi, i due balzano fuori dal nido, la madre scappa.
posata la macchina, vado a soccorrerli e trovo il piu piccolo nell'angolo della siepe. rimettendolo nel fondo nido lo guardo. non ha la coda, la pelle sotto la pancia fa vedere gli organi.

mentre lo posonoto che il secondo è appollaiato li vicino.

per fortuna.


ma perchè ho dovuto fotografare? perchè non mi bastava quel momento? lo conservo ora, mentre scrivo, con lucidità, con una lucidità e vividezza che nemmeno un filmato potrebbe rendere. e allora perchè?


lei non arriva, il piccolo esce, torna all'angolo. ha fame, e per lui cerco un verme, che divora.

e se lo mettessi con le galline? magari lo allevano... no no, è meglio il nido.

il fratello non ce. riposo il piccolo.


oggi, verso le due, mentre lavoravo in giardino, vedo lei, che strilla e cerca, che si posa insistentemente qui e la, imitando il pigolio dei cuccioli. ma nulla, tutto tace. lei mi guarda, ed io capisco quanto sia stato stupido, quanto sono stato goffo e maldestro nel mio pensiero, quanto la mia intelligenza non sia riuscita a cogliere. sento il suo rimprovero, e sento una grande distanza tra noi. la sentivo anche prima, guardandoli volare e cercare, guardandoli sotto la pioggia fermarsi su un ramo, in attesa di chissacosa. ma ora posso misurarla, ora posso dare un peso a quel sentimento.

è pomeriggio tardo, sento un verso e mi precipito a vedere.

è il piccolo, dietro la rete del muretto, sembra in forma, e saltella, pigolando. nessun segno della madre.
non faccio in tempo a raggiungerlo, che spicca il volo. si schianta al suolo, con un brutto rumore. lo guardo dal muretto. ansima, si gira. mi giro e faccio qualche passo, voglio andarmene. poi torno, scavalco e lo raccolgo. è già morto.

prendo la macchina fotografica, e cerco la foto.























Piu che stupidità, forse, si tratta di pochezza.